4-8 maggio 2016 – Viaggio nei luoghi della prima guerra mondiale – il Fronte italiano.
(in collaborazione con Scuola di Pace di Boves, Apice (Associazione per l’incontro delle culture in Europa) – Progetto “PACE Europa 15/18”
Salendo e scendendo le scalinate dei sacrari – tanti -, dando una veloce scorsa ai nomi dei soldati deceduti, quelli che hanno un nome, uguali agli ignoti, ricordati in ogni dove, soffermandoci a leggere le frasi, nella stragrande maggioranza alquanto retoriche, che accompagnano e segnano queste tombe monumentali… ebbene sì, ha ragione Boris Vian (poliedrico artista francese, scrittore, paroliere, poeta, trombettista…) che nel 1954 compose la famosa ballata “Il disertore” ripresa anche da artisti italiani. Una strofa per tutte (l’ultima) :
… S’il faut donner son sang
Allez donner le vôtre
Vous êtes bon apôtre
Monsieur le Président
Si vous me poursuivez
Prévenez vos gendarmes
Que je n’aurai pas d’armes
Et qu’ils pourront tirer.
Nei quattro giorni di viaggio la riflessione è andata all’Inutile strage (così l’aveva definita papa Benedetto XV), agli inviti inascoltati per desistere dal conflitto ed al grande dolore che causò, alle conseguenze nelle nazioni coinvolte ed, essendo lì, alle conseguenze in quella parte di Italia dove la guerra si è combattuta. Un interessante museo, di recente impostazione, a Vittorio Veneto, raccoglie e descrive i fatti a fianco del conflitto: un anno di occupazione prima della vittoria, “l’anno della fame” nei racconti degli abitanti, le conseguenze per la popolazione civile, fatta di donne, vecchi e bambini, con i bambini nati dall’incontro di soldati e donne locali, i lasciapassare, i documenti per rimanere dove si abitava e l’idea, che è soltanto tale, quasi una illusione – sempre viva in tutti i conflitti – che quando comincia “la guerra finisce presto”.
Ci sono testi che aiutano a comprendere meglio quanto accaduto, studi effettuati in seguito, anche recenti (Sergio Luzzato, Barbara Bracco,…) con i resoconti che vanno al di là di battaglie, sconfitte, ripiegamenti, trattati ed analizzano le centinaia di mutilati, menomati, impazziti e la partecipazione delle donne allo sforzo bellico per occuparsi dei tanti lavori maschili, ma anche di donne al fronte a curare i feriti, “le portatrici carniche” che rifornivano i soldati in prima linea di medicine, cibo, munizioni, i bordelli di guerra e le intellettuali militanti.
Con don Maurizio Mazzetto, di Pax Christi vicentina, abbiamo “assaggiato” quelle che lui ed il suo Movimento hanno iniziato a definire “escursioni storiche pacifiste”: andare nei luoghi, spiegare, capire le motivazioni e che cosa rappresentano i monumenti, gli ossari, i sacrari, in quei luoghi di memoria, costruiti proprio lì dopo la guerra, in epoca fascista, utilizzando il conflitto per valorizzare una falsa idea di patria, di valori, di onore, usando la morte/il sacrificio della povera gente per autocelebrarsi. Avevamo noi però, partecipanti al viaggio, allo stesso tempo in animo il grande tema della pace e dell’impegno per la pace.
Allora ecco la poesia di Ungaretti, scritta all’ingresso di San Martino del Carso: “Di queste case/non è rimasto/che qualche/brandello di muro. Di tanti/che mi corrispondevano/non è rimasto/neppure tanto. E’ il mio cuore/il paese più straziato”.
Non ci siamo lasciati scappare altre opportunità, passando in Veneto e Friuli: le visite a Venzone, a 40 anni dal terremoto, gioiello di meticolosa e riuscita ricostruzione, alla casa natale di David Maria Turoldo a Coderno di Sedigliano (UD), alla tomba di P.P. Pasolini a Casarsa della Delizia (Pordenone), l’ascolto dell’esperienza del movimento Dal Molin (contro la costruzione-ampliamento della base militare a Vicenza) esperienza che non ha vinto (la base si è fatta) ma che ha consentito il confronto e la prova di una lotta nonviolenta significativa per quei militanti.
Per me è stato importante effettuare un salto: dal monumento-commemorazione all’oggi, all’impegno pacifista ora, in aggiunta al ricordo commemorativo, in aggiunta al rispetto per tutti quei morti, ritrovare la voglia di accedere ad ulteriori e più approfondite testimonianze alternative (le donne, i bambini, i terreni occupati,…), per spingersi oltre la retorica di patria, eroi, salvaguardia di valori e ritrovarsi di fronte agli interrogativi attuali ed al conseguente richiamo ad un impegno dove non è scomparsa l’idea di patria, è cambiata, perché non più ristretta nei confini dello stivale, abbracciando il globo con tutti i suoi problemi, le contraddizioni, le disuguaglianze, la Terra ed i suoi abitanti senza confini.
Costanza Lerda