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LORENZO MILANI (1923-1967)
Figlio unico di una famiglia dell'alta borghesia intellettuale italiana, Lorenzo Milani è nato a Firenze. Diventa sacerdote nel 1947. Inviato a lavorare in una zona operaia inizia il suo lavoro cercando di avvicinarsi a tutti. Scopre così la povertà, l'ignoranza e lo sfruttamento. Si chiede come comunicare la rivoluzione del Vangelo e capisce che c'è un tipo di povertà che va combattuta con forza: la povertà culturale. Istruzione dei poveri e degli oppressi: questa è la grande intuizione che si va precisando in don Milani. La scuola diventa la sua preoccupazione primaria. La sua diventa una scuola di "classe", in quanto ha come obiettivo primario quello di colmare il divario culturale esistente fra le classi privilegiate e le classi umili. La scuola che egli fonda ha immediato successo: studiano insieme cattolici e comunisti, una novità inimmaginabile per quell'epoca. Ma gli ideali di don Milani danno fastidio ai "potenti", in quanto il suo pensiero è considerato un "pericolo sociale". Incompreso anche dalla chiesa, viene punito dal vescovo e trasferito a Barbiana, un paesino povero di montagna. Ma don Milani non molla e crea anche lì una scuola con i ragazzini del paese. L'obiettivo è "il dominio della lingua, perché la parola è la chiave miracolosa che apre ogni porta". Per don Milani solo la lingua rende le persone uguali. Lo statuto della sua scuola comprendeva: passione civile, impegno politico, amore per le cose serie della vita, lotta senza tregua contro l'ingiustizia. Era una scuola molto critica nei confronti della chiesa, della società e della scuola ufficiale. Molte delle sue opere furono proibite dalla Santa Sede. Nel 1965 scrive "Risposta ai cappellani militari" dove difende il diritto all'obiezione di coscienza e il diritto a non obbedire "senza pensare". Fu processato e condannato. Nella famosa lettera ai giudici - "L'obbedienza non è più una virtù" - pubblicata in molte lingue, scrive: "Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, io vi dico che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, e privilegiati e oppressori dall'altro. I primi sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri". Muore di cancro ai polmoni ad appena 44 anni.
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MILTON SANTOS (1926-2001)
Considerato il filosofo della geografia, Milton Santos, nato nello Stato di Bahia (Brasile), avvocato, si specializzò come geografo in Francia, dove ha vissuto un auto-esilio di 13 anni nel periodo della dittatura militare in Brasile. Ha dedicato la sua vita alla riflessione sulle grandi trasformazioni sociali scaturite dal processo di globalizzazione. Ha pubblicato più di 40 libri e innumerevoli articoli, ricevendo una ventina di riconoscimenti honoris causa. È stato l'unico latinoamericano a ricevere il premio Vautrin Lud, considerato il Nobel della geografia. È stato consulente dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, dell'Unesco e dell'Organizzazione degli Stati Americani. Professore dell'Università di San Paolo, conciliava il lavoro accademico con la partecipazione alla Commissione Giustizia e Pace dell'Arcidiocesi di San Paolo e nel Consiglio Nazionale dello Sviluppo Urbano. Ha scritto su varie riviste e giornali del Brasile. Nell'agosto 1998 ha tenuto la conferenza di apertura della terza Settimana Sociale del Brasile sul tema delle forme di povertà e del debito sociale, nella quale indicava il cammino per un altro mondo: "Viviamo senza dubbio una globalizzazio-ne perversa, ma non tutto è perso. La grande lezione di questi tempi si completerà quando sapremo individuare le fonti della scoperta di altri cammini e avremo la forza di sfuggire ad interpretazioni molto prossime agli oggetti per imparare ad alzarci in volo e capirle in un contesto più ampio. La vera politica esiste solo a partire da contesti più ampi