Franz e Franziska, una storia d’amore, di fede e di coraggio e… di una obiezione
Una donna anziana, seduta al sole su una panchina accostata alla casa, accoglie un gruppo di persone, che è venuto fin lì (St. Radegund, piccolo centro austriaco sui confini con la Germania) per incontrare la moglie, la vedova di Franz Jägerstätter (20.5.1907-9.8.1943), Franziska Schwaninger (4.3.1913 -16.3.2013). Le è vicina una figlia, usufruiamo della traduzione delle poche frasi che ci rivolge. E’ la primavera del 2007 quando il viaggio della Scuola di Pace ci porta a conoscere esperienze di persone e movimenti contrari al nazismo ed arriviamo in questo piccolo borgo di campagna.
Lo scorso settembre Giampiero Girardi – il tramite per quell’incontro – che ha studiato a lungo ed in modo approfondito la vita e la scelta di Franz, ha presentato a Cuneo il testo “Una storia d’amore, di fede e di coraggio – Franz e Franziska Jägerstätter di fronte al nazismo”, per l’edizione Il Pozzo di Giacobbe (Trapani), la raccolta della ricca corrispondenza tra i coniugi nel periodo dell’addestramento militare e della carcerazione che hanno preceduto la condanna a morte e l’esecuzione di Franz il 9.8.1943.
E’ utile l’iniziale inquadramento storico e sociale della vicenda, quale presentazione del contesto in cui si sviluppò la scelta di Franz che, piuttosto di indossare la divisa, accettò il martirio pur a fronte dei tanti che lo invitavano a non essere così rigoroso nel suo pensiero, anche in considerazione della sua situazione familiare: tre figlie piccole da mantenere, un podere a cui pensare, una famiglia di contadini poveri.
A nulla valsero queste pressioni venute da varie parti.
Era il tempo in cui la chiesa ufficiale invitava i fedeli all’obbedienza alle autorità civili, seguendo le prescrizioni richieste dall’amor patrio (leggi: andare in guerra e magari morirci).
Mi risuonano alcune parole chiave dall’esperienza di questo contadino, il cui esempio e testimonianza sono emersi parecchi anni dopo la fine della guerra.
Prima aggiungerei un accenno alla forza di Franziska, anche lei proveniente da un nucleo familiare numeroso e contadino, sola con le bambine, a cui lo stato ha tardivamente riconosciuto il sussidio come vedova, vissuta e lasciata ai margini nel piccolo paese per le scelte del marito, rispettosa fino all’ultimo della volontà dell’uomo. Ha custodito questa esperienza per anni nel timore che il rivelarla potesse ancora ritorcersi contro la sua memoria, ha collaborato a far conoscere, a coloro che se ne dimostrarono sinceramente interessati, la storia e le convinzioni del marito, è riuscita a partecipare al riconoscimento del martirio da parte della Chiesa cattolica ed alla sua beatificazione il 26.10.2007 a Linz, a 64 anni dalla morte di Franz, “splendida nei suoi 94 anni con un abito rosso, il colore del martirio, nella città dove Franz aveva compiuto la decisione definitiva, rifiutando la divisa dell’esercito hitleriano”.
Franz ha ascoltato la sua coscienza, nutrita negli anni da una fede religiosa forte e determinata, ma in solitudine. Nei suoi scritti, pubblicati nel 2005 sempre a cura di Giampiero Girardi, si legge infatti che, attraverso un sogno, Dio gli palesò una questione e richiesta: “.. che devo decidermi se essere nazista o cattolico”. Quando l’Austria venne annessa al Reich, Franz tentò di stare fuori dal sistema, il suo diventa un cammino di persona che si autoisola nella comunità, non partecipa alla vita sociale, non accetta i contributi statali per i contadini proprio per non incorrere nell’occasione di entrare in contatto con il nazismo.
Il primo biografo di Franz parla quindi di una testimonianza solitaria.
Proveniva da un contesto molto semplice, poco acculturato, ma profondo di sentimenti, di solidarietà, di amore tra i due coniugi, di rispetto reciproco per le idee e le scelte. Nelle lettere emergono questi tratti, per lei insieme al racconto delle usuali mansioni quotidiane in casa ed in campagna, dei contatti e della vita condivisa con i vicini, per lui uniti alle rassicurazioni nei confronti della moglie ed alla dimostrazione della vicinanza alla famiglia nonostante il carcere.
Franz è riuscito a sopportare in modo dignitoso l’essere in minoranza, a mantenersi fedele negli anni a questa scelta senza tentennamenti, scrivendone ai familiari come se il suo comportamento non fosse nulla di eccezionale, ma la normalità.
Ha smosso il quieto vivere non solo della comunità civile, ma soprattutto della comunità religiosa, della Chiesa che ha faticato a prendere sul serio le sue motivazioni, a riconoscerle come risposta non negoziabile alla propria coscienza.
Due riflessioni personali: è contagioso leggere l’esperienza di Franz ed anche quella di Franziska che per tutta la vita gli è rimasta fedele, anche lei non ha tentennato neanche nei momenti più difficili per sé e la sua famiglia. E’ contagioso perché ci dice che è possibile – anzi direi che si deve – mantenersi fedeli alla propria coscienza, come risposta, vuoi ad un imperativo morale, vuoi ad una profonda convinzione religiosa.
La seconda: lo Spirito – sì proprio quello della religione – svolazza anche dove noi non immaginiamo; dobbiamo mantenerci vigili ed attenti, studiare, approfondire, documentarci… ma è altresì importante non chiudere il nostro sguardo ed il nostro cuore a quelle esperienze di persone semplici, ma con la schiena dritta come Franz che ha scelto di rispondere alla propria coscienza con la vita.
Ho faticato a scrivere queste riflessioni, ho faticato nel timore di non riuscire a contenere l’esperienza e le figure di Franziska e Franz in poche righe, tante sarebbero le osservazioni da riportare leggendo le loro storie, non solo quella di lui, ma anche quella di lei che si è spenta mentre questo ultimo libro era in stampa, “serenamente, quasi avesse deciso lei che tutto era compiuto, che quello che doveva fare lo aveva fatto…”.
Costanza Lerda