“49 Marcia della Pace” Bologna 31/12/2017
– Mons. Matteo Maria Zuppi (Vescovo di Bologna)
“E’ un momento importante di scelta. Scegliere da quale parte stare, con le vittime e per la pace”
“La pace ha colori differenti ma una radice unica quella dell’Umanesimo e della nonviolenza e noi siamo qui per testimoniarlo”.
Il 2017 sarà un buon anno, se sposeremo la nonviolenza”. “Se riusciremo a bandire la violenza dai nostri cuori, dai nostri pensieri, dalle nostre parole, allora, il 2017 sarà un anno positivo non solo per noi, ma per le generazioni future. La pace è un bene mondiale, basta che in un solo angolo del mondo ci sia una guerra e non possiamo più dire che siamo in pace e ogni guerra, come diceva Papa Benedetto XV, è una strage inutile. A cento anni di distanza non abbiamo ancora imparato questa lezione, ma dobbiamo ripartire da li”.
«Il nonviolento non è uno che vive nel mondo dei sogni, ma che affronta il male».
«La pace non può essere divisa. Se manca a qualcuno, manca a tutti, se la guerra è mondiale divisa in pezzi, pure la pace è mondiale e dobbiamo cercarla per tutti i pezzi che soffrono».
«La pace è un bene pieno, una parola che non sopporta aggiunte o caricature. E, mentre le guerre, dichiarate o no, sono sempre un’inutile strage che segna la vita di milioni di persone e condiziona per tutta la vita, la nonviolenza al contrario deve essere lo stile caratteristico delle nostre azioni, delle relazioni, della politica. Perciò non bisogna perdere l’opportunità di una parola gentile, di un sorriso, di ogni piccolo gesto che semini pace e amicizia. Vogliamo una politica per la pace, nel senso più alto del termine. Non si tratta di pie intenzioni o di una visione intimistica, ma di una convinzione che comporta scelte e azioni. La pace è possibile, inizia da me e diventa uno stile che si diffonde.
Il Monsignore, commentando la presenza di tutte le religioni alla marcia, ha ricordato “è sempre stato così fin dalla prima giornata della pace. La pace non si fa a pezzi, la guerra fa a pezzi e divide. La pace unisce, non posso stare in pace senza gli altri”.
Mons. Giovanni Ricchiuti (Presidente di Pax Christi Italia e Vescovo di
Altamura – Gravina – Acquaviva delle Fonti)
“L’importanza della marcia è data dall’ essere popolo della pace che si mette in cammino sempre alla ricerca della vera pacificazione della vita dei popoli. Una pace che può essere generata dalla sua radice che è la non violenza, parola che non dobbiamo avere paura di pronunciare neanche nella Chiesa”.
Il Messaggio della Pace che Papa Francesco ha dedicato nella sua 50° edizione è “un chiaro invito alla non violenza che vuole essere lanciato alla politica”.
“Portiamo con questa marcia speranza e accoglienza lungo le strade di Bologna, immagine delle strade del nostro mondo, in una sinfonia di culture, fedi, senza paura.”
“Non importa quanti siamo, ma chi siamo e perché siamo qui. Siamo il popolo della pace, numerosissimo, che qui e altrove si mette sempre in cammino”.
“La nonviolenza: stile di una politica per la pace, che la politica sappia accogliere queste istanze che provengono dal popolo della pace”.
Mons. Filippo Santoro (Presidente della Commissione CEI Problemi sociali, lavoro, giustizia e pace)
Nessuna religione è terroristica.
La non violenza è lo stile di una politica di pace.
Ci vuole un popolo che raccolga la pace e la rilanci.
Bisogna educare fin da piccoli al rispetto e alla nonviolenza. Perciò, è necessario intervenire nella legislazione internazionale affinché non vengano più regalate ai bambini le armi giocattolo.
I bambini, bisticciano, ma poi fanno la pace. L’invito è «essere come i bambini, che si abbracciano per costruire un ideale più grande in dialogo con tutti».
Il Monsignore, presentando il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale della pace, ha ricordato che «il Papa declina il tema della pace con la difesa dell’ambiente e il lavoro», proponendo «un’ecologia integrale». A proposito di lavoro, ha sottolineato che questo sarà il tema della prossima Settimana sociale dei cattolici italiani e che «la dignità del lavoro parte dal valore della persona».
«Noi a Taranto abbiamo – questa la denuncia di Mons. Santoro – un debito ecologico: si è prodotto acciaio per tutta l’Italia ottenendo in cambio inquinamento e morte. Questo non può continuare».
Virginio Merola (Sindaco di Bologna)
C’è un mondo frammentato in tante guerre. Tutte queste guerre ci riguardano da vicino, non solo perché vediamo i morti nei telegiornali, ma perché ci fanno capire sempre di più che essere liberi significa essere responsabili, prendere una posizione e dire che non possiamo assistere passivamente a questa violenza. Come testimonia anche questa piazza c’è un altro modo di stare nel mondo. Magari con la nonviolenza, evitando i soprusi e ritrovare il fatto che siamo una comunità. Le comunità si costruiscono, non vengono regalate”.
Oggi occorre un impegno di tutti per “essere capaci di dialogo”.
Quindi la Marcia della Pace può essere l’ inizio per discutere insieme sapendo che i conflitti possono sorgere, ma anche possono essere risolti nella ricerca vera e profonda del bene comune.
“Pace significa anche capire le ragioni e i problemi di chi non la pensa come te; e noi come amministrazione comunale vogliamo trascorrere i primi mesi del 2017 ascoltando i cittadini in difficoltà per dare loro delle risposte che non li pongano ai margini della città “.
La marcia delle Donne
Cristiane, ebree e musulmane cantano
La preghiera delle Madri
Nella storia le donne sono spesso state portatrici di una volontà di cambiamento, con decisione, determinatezza e con mezzi alternativi.
Se parliamo di una ricerca di Pace, purtroppo però, parliamo spesso anche di guerra.
Per ogni continente sofferente da anni, ogni città o paese dilaniato dalla guerra, tante sono le donne di diversa cultura, provenienza, fede o politica a chiedere la possibilità di un futuro diverso, unite dal desiderio di costruire insieme una convivenza possibile.
Per il conflitto arabo/israeliano, che continua ormai dal 1948 e che ha quindi già abituato alla violenza ben tre generazioni, che hanno visto e respirato solo odio, in tanti speriamo da tempo in una risoluzione pacifica.
La Marcia della Speranza è l’ultima iniziativa di Women Wage Peace (Le donne fanno la pace), il movimento fondato da un piccolo gruppo di israeliane nell’estate del 2014, durante l’ultimo attacco a Gaza.
“Ci si incontrava nelle case per confrontarsi sulla «situazione», pensare a strategie creative per costringere la politica a rimettere un accordo di pace in cima all’agenda” dicono…..
Il gruppo si è allargato nell’arco di poco tempo e oggi Women Wage Peace conta sul sostegno di migliaia di donne in tutto il Paese. Laiche, religiose, di destra o sinistra, colone, musulmane, ebree e cristiane, donne provenienti da ogni settore della popolazione, unite da una richiesta:
“Che i nostri leader politici lavorino con rispetto e coraggio, includendo la partecipazione delle donne
( perché loro vogliono esserci ) per trovare una soluzione al conflitto. Solo un accordo politico onorevole può assicurare il futuro dei nostri figli e nipoti”
Nel 2015, in commemorazione dei bombardamenti su Gaza del 2014, le donne del movimento organizzarono l’ Operazione digiuno, montando una tenda davanti alla residenza del primo ministro e digiunando, a turno, per 50 giorni – l’equivalente della durata del conflitto. Sotto la tenda bianca si fermarono cittadini comuni, membri del Parlamento, come Tzipi Livni e Isaac Herzog, intellettuali come Tszvia Walden, la figlia di Shimon Peres.
Nell’ ottobre scorso, 2016, il movimento è tornato davanti alla residenza di Benjamin Netanyahu per concludere la Marcia della Speranza. Un evento durato 14 giorni che ha incluso micro-marce in tutto Israele e, secondo le organizzatrici, ha coinvolto 20 mila persone in cammino dal nord di Israele, verso Gerusalemme.
La marcia lunga 200 chilometri ha visto migliaia di donne ebree, musulmane e cristiane unirsi in un cammino di pace, “Non ci fermeremo finché non sarà raggiunto un accordo politico che porterà a noi, ai nostri figli e ai nostri nipoti un futuro sicuro”, è scritto nel sito del Movimento.
Tra queste, anche donne palestinesi e giordane che hanno marciato dalla loro parte del confine,
tutte unite dal desiderio di costruire insieme una convivenza possibile.
Le donne coraggiose hanno marciato, cantando e pregato, partendo ognuna dalla propria cultura, ma con un unico obiettivo : la ripresa del dialogo tra Palestinesi ed Israeliani, dialogo che si è nuovamente fermato.
Con una protesta pacifica, ma tenace, madri, mogli, sorelle hanno detto no agli stupri, al rapimento di ragazzini da trasformare in bambini-soldato, al massacro di civili inermi. Usando tutti i modi possibili per accelerare il processo di pace.
«Camminiamo vestite di bianco e di turchese, fianco a fianco»
Da loro arriva questa continua richiesta di dialogo e al dialogo vogliono essere presenti e partecipare, vogliono che si giunga ad una risoluzione di pace per tutti, per garantire un futuro ai loro figli, nipoti, fratelli.
In questa occasione si è creata un alleanza fra cantanti folk, sia israeliane sia palestinesi, che hanno composto e cantato la Preghiera delle Madri e ne hanno fatto un video.
Le riprese sono state fatte nel deserto che si trova a nord del Mar Morto, richiamando il lungo cammino biblico degli ebrei nel deserto per passare dalla schiavitù egiziana alla libertà.
Accanto a loro c’era anche Leymah Gbowee, Nobel per la pace nel 2011 per la promozione della riconciliazione nel suo paese, la Liberia, alla fine della guerra civile del 2003:
“Mi piacerebbe cogliere l’occasione per congratularmi con le donne del Women Wage Peace.
Voglio ringraziarvi perché difendete la Pace accanto alle vostre sorelle Palestinesi.
Complimenti, spero che continuiate a lottare per la Pace in un modo costruttivo e non vedo l’ora di unirmi a voi in un giorno non troppo lontano.
Grazie per i figli di Israele, grazie per i figli della Palestina. Grazie, Pace, Shalom”
La cantante israeliana Yael Deckelbaum canta la canzone ‘Prayer of the Mothers’, insieme a tante altre donne di ogni religione:
Un sussurro del vento dell’oceano
che soffia da molto lontano
Il bucato che sventola
contro l’ombra del muro
tra il cielo e la terra
C’è gente che vuole vivere in Pace
Non arrenderti, continua a sognare Pace e Prosperità
Quando spariranno le mura della paura?
Quando ritornerò dall’esilio?
I miei cancelli si apriranno
a ciò che è veramente buono.
Avanti riposati!
Un’altra alba e il mattino è qui.
Una madre manda, insieme ad una preghiera, il suo bambino a scuola.
Vola, vola Colomba verso il suono della guerra!
Rideremo con il bambino in modo che possa dormire
Abbatteremo i muri della paura
un giorno spariranno ed io tornerò dall’esilio.
Ascoltiamo il vento che viene dal cuore
E sediamoci insieme
Spazziamo via i muri delle paure e degli esili
Apriamo le porte
Giù i muri della paura
Dal nord al sud
Dall’ovest all’est
Questo è l’inno della Pace delle madri
A loro date la Pace
Alcuni appunti sugli interventi alla tavola rotonda
– Paolo Beccegato (Caritas Italiana) –
Invito del moderatore a Paolo per raccontare in modo semplice il messaggio di Francesco per la 50 giornata mondiale della pace.
Beccegato evidenzia che il messaggio contiene sette punti (considerazioni) che formano una catena logica
1 Esiste una comune dignità umana. Siamo tutti portatori della stessa dignità, questo dovrebbe bastare per non poter individuare un nemico
2 Viviamo in un mondo frantumato, dove è in corso una guerra mondiale a pezzi che nell’ultimo decennio ha coinvolto sempre più paesi e persone aumentando il numero dei profughi
3 Dopo aver parlato del punto di partenza (dignità comune), della realtà (guerra a pezzi) Francesco propone il riferimento di Cristo. Gesù traccia la via della non violenza. Lui vive in tempi violenti, non si fa trascinare e lancia la rivoluzione cristiana nonviolenta di accoglienza ecc.
4 Questo riferimento Cristologico, continua Francesco, non è troppo alto, inimitabile, cita quindi una serie di testimoni di pace, anche non cristiani, che hanno dimostrato che i conflitti si possono evitare o risolvere con una azione creativa non violenta dimostrando che si può fare, che non è una utopia.
5 A questo punto Francesco affronta l’azione, si parte dal livello personale e famigliare, ossia una radice domestica di politiche non violente
6 L’invito di Papa Francesco a leader politici, religiosi, imprese e mass media è di costruire comunità non violente, amicizie sociali, trasmettere la realtà e la verità, percorrere sentieri di carità e non violenza. Praticare una non violenza attiva e creativa
7 Francesco invoca la pace dicendo che tutti possono essere artigiani della pace. Un messaggio per tutti, quindi, non solo per politici o amministratori.
Il moderatore domanda “Cosa dobbiamo conoscere per costruire percorsi artigianali di pace?”
Beccegato risponde che c’è un’interconnessione (legame) tra:
- guerra e povertà, un circolo vizioso che trascina al ribasso intere nazioni. La guerra mondiale a pezzi non è solo un modo di dire: quest’ultimo decennio ha visto una continua crescita del dramma dei profughi e solo nel 2016 sono state 65,3 milioni le persone costrette a scappare”. Eppure viviamo “ovattati da falsità che non ci fanno vedere la sofferenza di questa gente, così ci infastidiscono 190mila profughi arrivati nel nostro Paese, mentre altri 5mila, in un anno, sono morti nel Mediterraneo”. Se c’è un legame tra povertà e guerra, allora “politiche nonviolente vanno verso la lotta alla povertà”.
- guerra e ambiente, laddove vi sono, ad esempio, degrado del territorio, inquinamento, desertificazione, accaparramento delle risorse idriche ecc
- guerra e speculazioni finanziarie, con “una finanza non governata che specula anche sul cibo”.
- Guerra e cibo perché sempre più lo si strumentalizza per ridurre alla fame il nemico, ignorando tutti i civili che muoiono di conseguenza, e che non rientrano nei computi delle vittime della guerra”.
Ovviamente per cercare una soluzione non violenta ai conflitti bisogna lavorare per risolvere queste cause: Povertà, ambiente degradato, iniqua distribuzione del cibo.
– Renato Sacco (Coordinatore nazionale Pax Christi Italia)
Don Renato inizia rivolgendo a tutti una domanda: Dopo tutto quello che si è ascoltato oggi, ognuno di noi cosa può fare in relazione alla pace?
Continua dicendo che dovremmo avere una santa indignazione in quanto:
– le spese militari previste per il 2017 sono di 23 miliardi di euro
– Vendiamo armi, tra gli altri, all’Arabia Saudita che bombarda lo Yemen e sostiene l’ ISIS
– Non potremmo vendere armi a paesi in guerra ma lo facciamo con l’assicurazione dei nostri politici che tutto è regolare, in quanto altri paesi ne vendono più di noi.
Dovremmo dare concretezza alle parole di Francesco, …[ La violenza permette di raggiungere obiettivi di valore duraturo? Tutto quello che ottiene non è forse di scatenare rappresaglie e spirali di conflitti letali che recano benefici solo a pochi “signori della guerra”?] Concretezza che ci fa tornare a casa dicendo no, io i signori della guerra non li sostengo, non li appoggio e non voglio essere “colluso” con loro.
Questo appello alla concretezza è anche laico, in quanto prende forza dall’art. 11 della Costituzione e dalla Legge 185 che prevede la non vendita di armi a paesi in guerra o che violino i diritti umani .
Dovremmo quindi pretendere dalla politica una messa in discussione delle spese militari e una presa di posizione sulla eliminazione e non prolificazione delle armi nucleari (tema che sarà a breve affrontato dall’ONU).
Come cattolici dovremmo pretendere la smilitarizzazione dei cappellani militari, Cappellani si, militari no.
Altra posizione da prendere e l’ appoggiare la campagna di pressione sulle banche coinvolte nel traffico d’armi. Il traffico di armi e il giro dei capitali che alimentano le guerre hanno bisogno del sistema bancario. La campagna è stata lanciata da Pax Christi nell’ anno 2000. Sul sito Banche Armate si trovano i dettagli. Questo è un altro impegno pratico che ognuno di noi può prendere, controllare quanto è compromessa la propria banca con la vendita delle armi. E’ importante fare queste domande alle banche sia come privati sia come associazioni, parrocchie, comunità ecc. Se tutti ci interrogassimo se i nostri soldi sono puliti potrebbe nascere qualcosa, potremmo inventare un mondo dove i soldi non grondano sangue perché coinvolti nel traffico delle armi.
– Angela Dogliotti (Centro studi Sereno Regis) –
“ La proposta della Nonviolenza “
ll Centro Studi Sereno Regis
ONLUS (Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale) che promuove programmi di ricerca, educazione e azione sui temi della partecipazione politica, della difesa popolare nonviolenta, dell’educazione alla pace e all’interculturalità, della trasformazione nonviolenta dei conflitti, dei modelli di sviluppo, delle energie rinnovabili e dell’ecologia. Il Centro Studi è stato costituito nel 1982 su iniziativa del Movimento Internazionale della Riconciliazione (MIR) e del Movimento Nonviolento (MN), attivi nella nostra regione sin dalla seconda metà degli anni ’60.
NOI TRIONFEREMO – WE SHALL OVERCOME – JOAN BAEZ
Noi trionferemo,
noi trionferemo,
noi trionferemo un giorno.
Oh, in fondo al cuore ci credo,
noi trionferemo un giorno.
Noi vivremo in pace,
noi vivremo in pace,
noi vivremo in pace un giorno.
Oh, in fondo al cuore ci credo,
noi trionferemo un giorno.
Noi cammineremo mano nella mano,
noi cammineremo mano nella mano,
noi cammineremo mano nella mano un giorno.
Oh, in fondo al cuore ci credo,
noi trionferemo un giorno.
Neri e bianchi insieme,
neri e bianchi insieme,
neri e bianchi insieme un giorno.
Oh, in fondo al cuore ci credo,
noi trionferemo un giorno.
Con le note di “ We shall overcome “ di Joan Baez, inizia la proiezione di innumerevoli figure che si sono distinte negli anni per la loro scelta di Non Violenza nel mondo, da Danilo Dolci a Martin Luther King, Lanza del Vasto, Gandhi, Nelson Mandela, Ernesto Balducci, Franz Jagerstatter e Josef Mayr Nusser e tanti altri ancora…..da Oscar Romero a Padre Pino Puglisi , sino a Peppino Impastato, Nanni Salio, Malala Yousafzan o il Premio Nobel 2011 Leymah Gbowee.
Angela inizia la sua riflessione immergendoci in tutte quelle che chiama le “ violenze strutturali “ dei nostri tempi ossia le guerre, le stragi, i morti nel nostro Mare Mediterraneo, i profughi in cerca non solo di Pace, ma di tutto, ricordandoci però che c’è anche un’altra realtà. Tutta questa violenza che abbiamo negli occhi tutti i giorni sembra sovrastarci, alle volte ci fa sentire quasi impotenti, ma – dice – ci interpella, anche, ci stuzzica perché non è l’unica realtà.
La realtà della Non Violenza esiste, il passato e il presente ce lo confermano con i loro rappresentanti, grandi protagonisti appena sfilati sullo schermo, ma non ha una ricetta facile.
La NV con una convinta fiducia può davvero costruire “ponti impossibili”….con tanto lavoro, umiltà, perseveranza.
Suggerisce quindi alcune piste di impegno, su vari livelli.
IMPEGNO CULTURALE – Esiste una cultura profonda che ha una visione del mondo che ritiene che la violenza sia l’unica, possibile, realtà: la violenza è necessaria, la guerra è necessaria, la preparazione alla guerra quindi necessaria.
Dobbiamo cambiare il paradigma della inevitabilità della violenza – dice Angela – cercare almeno di trasformare questo schema, almeno in una tentazione, una possibilità che ci è data, ma che si può superare. La violenza è una risposta possibile, ma non l’unica, possiamo fare altre scelte.
In una prospettiva del genere umano come di una sola umanità nelle differenze, possiamo convintamente dire che capace di affrontare i conflitti in modo non violento, perché dotata degli
“ anticorpi” necessari per comprendere le fonti della violenza e per contrastarla.
Li chiama “ anticorpi” l’ empatia dal punto di vista personale, la cooperazione dal punto di vista collettivo.
Avere empatia vuol dire calarsi nella sofferenza dell’altro e questo deve essere fatto da subito a livello personale, deve essere insegnato fin dalla prima infanzia e poi custodito e mantenuto nel tempo, calato nella vita comune. Non è vero che solamente un atteggiamento aggressivo, di sopraffazione, di violenza nei confronti del prossimo è dato come se fosse naturale, come vorrebbero farci credere, no, è più naturale forse un atteggiamento benevolo, di convivenza benevola e ciò deve essere inculcato e custodito da subito e duraturo nel tempo. Cosi come la cooperazione, la capacità di metterci insieme agli altri, di cure di cooperazione, fanno anche parte del “ Codice della Vita” . Lo stesso Gandhi scrive che – se ci sono ancora tanti uomini vivi nel mondo dimostra che questo non è fondato sulla forza delle armi, ma sulla forza della vita, la verità, l’amore – la forza di tutto ciò è quindi questa: malgrado tutte le guerre successe e presenti l’amore continua ad esistere.
Questo dovrebbe anche spingere ad una visione diversa della Storia, non raccontare solo il sangue versato, ma anche il sangue risparmiato.
Non bisogna però essere ingenui pensando che il conflitto e la violenza non esistono nelle relazioni umane, perché proprio nel momento in cui neghiamo la nostra attitudine al male è quando lo rimuoviamo e lo proiettiamo sugli altri che diventano, loro, il male, l’ombra collettiva che fa paura.
Allora – dice Angela – si tratta di non avere paura del conflitto, saperlo comprendere, accettare il male che c’è dentro di noi , comprendere queste dinamiche profonde e mediarle nei rapporti con gli altri . Con questo riconoscimento interiore riusciremo forse a creare relazioni costruttive di non violenza, non cercheremo per forza un nemico al di fuori di noi, ma con la gestione del nostro nemico interiore potremo cominciare a costruire una cultura di Pace.
Per quel che riguarda la violenza strutturale, le grandi ingiustizie, i morti di fame nel mondo, la proposta della NV è chiara, la NV gandhiana ci propone una semplicità volontaria, dobbiamo mettere in discussione il nostro stile di vita. Questa è una porta stretta ed è l’unica, non possiamo sostenere questo modello di sviluppo infinito, non possiamo chiedere agli altri di rinunciare, ma dobbiamo essere noi a mettere in discussione il nostro stile di vita.
Sempre dal basso dobbiamo creare forme parallele di economia e giustizia, capaci di controllare e ridurre gli spazi del mercato a favore di forme alternative come lo scambio, la cooperazione, il dono oppure i Gas, le filiere corte , il commercio equo e solidale, il boicottaggio che ci ricorda il potere del cittadino che può comprare prodotti in base al livello di equità sociale e sostenibilità ambientale ( rif a F. Gesualdi – Centro Nuovo Modello di Sviluppo )
Dal punto di vista del LIVELLO POLITICO la NV parla di potere dal basso, ossia il potere si regge sul consenso dei sottoposti.
La lotta NV non si basa perciò su uno scontro frontale tra le parti in conflitto, ma su azioni che “sottraggono” il consenso al potere, lo sbilanciano, lo mettono in crisi per sottrazione. Si parla quindi di lotta, resistenza civile, protesta, boicottaggio, non collaborazione.
Angela parla di una POLITICA DELLA DIFESA perché c’è bisogno di protezione, bisogno di sentirci difesi da eventuali minacce, ma se ci fermiamo a pensare….dobbiamo difenderci da chi? Che cosa di preciso ci minaccia quotidianamente? Che cosa ci può dare sicurezza ? Perché gran parte delle nostre paure riguarda la vita quotidiana, vogliamo sicurezze, vogliamo che ci sia data la possibilità di avere una casa, trovare un lavoro, un buon reddito, di essere curati quando ci ammaliamo, di avere buone scuole per i nostri figli, una prospettiva di futuro in un ambiente salvaguardato e protetto. Anche rispetto alle paure interne ed esterne a noi, ci sono forme di difesa diverse dalla violenza e dalle guerre.
Le proposte NV sono quelle della difesa difensiva, della difesa popolare NV che consiste nell’uso dal basso del proprio personale potere per affermare i propri diritti usando modalità di lotta NV in modo organizzato. Cita i Corpi Civili di Pace che intervengono dove necessario, nei conflitti, con una struttura legittimata e riconosciuta per un’ opera di mediazione tra le parti, di accompagnamento e protezione della parte più debole per riequilibrare il conflitto.
Per mancanza di tempo sottolinea velocemente l’importanza delle Organizzazioni Internazionali che con la riforma e lo sviluppo avuti, uniti alla spinta dal basso possono dare buoni esiti.
Il LIVELLO EDUCATIVO – E’ il cuore dell’educazione alla Pace – dice Angela – è la trasformazione NV del conflitto, la capacità di uscire dalla trappola della risposta “ mimetica “ dei conflitti, la ricerca quindi anche dell’ ascolto, dell’ empatia, la ricerca di soluzioni condivise, mediazioni.
E’ necessario sostituire al modello della “ potenza “ quello della “ fragilità” – perché la fragilità dell’uomo stimola la collaborazione.
Le Religioni hanno oggi un ruolo molto importante per quel che riguarda la costruzione di Pace.
Come ogni lettura fondamentalista rende difficile il dialogo, l’apertura al trascendente, che è al cuore di ogni genuina ricerca spirituale, predispone all’incontro con l’altro e ne costituisce il fondamento NV ( rif al dialogo Islamico-Cristiano presente in Italia )
Angela ricorda Nanni Salio ( Giovanni Salio, detto Nanni, è stato un ambientalista, pacifista e attivista della nonviolenza italiano. Si è occupato di ricerca, educazione e azione per la pace, ed è stato tra le voci più autorevoli della cultura nonviolenta in Italia- tra i fondatori e Presidente del Centro Sereno Regis)
che in uno dei ultimi articoli fornisce una decina di punti/proposte per alternative NV e ne cita solo alcuni, come per esempio quello di utilizzare al meglio le capacità di comunicazione su scala globale per un giornalismo di Pace, alternativo al dominante giornalismo di Guerra.
Sottolinea rapidamente, non per meno importanza, ma per carenza di tempo per l’esposizione, l’importanza della CULTURA SCIENTIFICA e la Tecnoscienza che svolgono una funzione cruciale nei processi evolutivi della umanità. Gli studi, le ricerche, le conquiste in questo ambito – enormi sono le loro potenzialità, devono comunque essere purtroppo sempre indirizzati verso una cultura della NV( responsabilità sociale nella ricerca scientifica ) Infine la CULTURA ARTISTICA per una creatività e ricerca di soluzioni non violente ai conflitti.