Navigando sul Rio delle Amazzoni

IMPRESSIONI DAL TERZO VIAGGIO IN BRASILE DEL CENTRO SANTOS-MILANI

Tornare in Brasile, per la seconda o terza volta, ritrovare gli esponenti dei Movimenti Popolari di quel Paese, in alcuni casi, già accolti in Italia, è andare a casa di amici: questa è la sensazione che abbiamo provato trascinando per le scale i nostri ingombranti bagagli – perché abbiamo sempre bisogno di tante cose?? – a Curitiba, presso il Cepat (Centro Ricerca ed Appoggio ai Lavoratori), dove una infaticabile Darli aveva addirittura scritto i nostri nomi sulle porte delle camere con tanto di fiori!

Scorro gli appunti del viaggio, i pensieri ricopiati sull’aereo in bella copia, le frasi virgolettate rubate nel corso della permanenza là con gli amici e compagni del Centro di Formazione Santos-Milani e della Scuola di Pace tra novembre e dicembre 2007.…e per non perdere nulla di quell’esperienza riguardo anche le fotografie….

Quando le nostre ali hanno un problema, si dimenticano di volare” – così recitavano i due pagliacci della Comunità di base Gramados a Curitiba. Ci siamo andati una sera: il nostro autista, un robusto uomo di colore, non ha voluto lasciare la comitiva da sola “in quel posto”, in una parte della città che lui non conosceva, pericoloso, nella favela, luogo pieno di problemi e contraddizioni ma dove, grandi e piccoli, ci hanno accolti con canti, giochi, festa, dolci e tanto tanto affetto. Vivono in povertà estrema, nei precedenti viaggi in Brasile avevamo già incontrato e conosciuto alcuni di loro che ci hanno chiamati per nome. Ciascuno di noi ha ricevuto una manciata di fagioli – il cibo che anche i più poveri possono permettersi – da piantare, come segno di collegamento e come significato di vita.

L’essere umano è intero: sessuale, politico, amoroso, intellettuale. L’educazione deve tener conto di tutto questo”. Questa frase di Paulo Freire campeggiava nella sala dove si è tenuta la 1^ assemblea del Centro di Formazione Milton Santos-Lorenzo Milani. Che bello veder riconosciuti questi vari aspetti, tutti sullo stesso piano, tutti importanti, tutti da tenere in considerazione nel nostro percorso umano ed educativo!

Le parole di una canzone di Giorgio Gaber hanno introdotto i lavori di quelle giornate: “…L’appartenenza non è insieme casuale di persone, l’appartenenza non è il conforto di un normale voler bene, l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé…: già cominciare così connota l’importanza di trovarsi lì e di partecipare attivamente ai lavori!

Pensare globalmente, agire localmente”, slogan conosciuto anche da noi, lo troviamo in una baracca di legno, scritto a mano su quattro fogli di carta appiccicati alla parete, alla periferia di Manaus (caldo-umida capitale dell’Amazzonia) dove l’educatore ci spiega il suo lavoro di recupero e di prevenzione con gli adolescenti. La frase è di Leonardo Boff e ci dice – lui laureato in Filosofia ed impegnato in questa attività sociale – che gli era piaciuta, perchè sta ad indicare che non possiamo salvare il mondo, ma agire nel nostro piccolo sì.

Il gruppo “Rete dei raccoglitori/trici e di riciclaggio solidale”, incontrato sempre alla periferia di Manaus, coordina i raccoglitori della plastica, bottiglie che poi vengono tagliate, lavate, ridotte in filo, avvolto in matasse per fabbricare delle scope. Gli animatori della cooperativa avevano conosciuto l’esperimento al forum di Porto Alegre e … ci hanno provato. Lucia, una delle responsabili, discendente di indios, ci ha spiegato quanto l’economia “solidaria” faccia parte della loro storia di popolo. Ha ancora aggiunto: La nostra gente ha mentalità capitalistica, qui bisogna lavorare e si divide. È una sfida. Cerchiamo pian piano di convincere le persone che vengono qui che là fuori non c’è felicità. Il segreto del gruppo è la trasparenza, tutto viene discusso, deciso collettivamente”.

In effetti, in ogni città attraversata balza agli occhi l’organizzazione della raccolta dei rifiuti: non a carico di un ente pubblico o di una agenzia ad hoc, o non solo, ma auto-organizzata dai poveri, che dalla raccolta, selezione, riciclo, lavoro delle materie recuperate, ricavano da vivere. Non so se è una impressione soltanto, ma mi sembrano più di un tempo! Qualche anno fa erano i catadores de papeu (raccoglitori di cartone), ora raccolgono tutto, sembra l’universalizzazione, la globalizzazione della raccolta di rifiuti, come un passa parola senza mezzi di comunicazione, dove la selezione dei materiali è quasi rigorosa.

Usano carretti, tirati a mano o da cavalli, i bambini raccolgono lattine tra i chioschi, anche la sera nelle piazze dove la gente si raduna per concerti o intrattenimenti. Capita, in tali occasioni, di essere testimoni, senza volerlo, di fatti a cui non siamo abituati così “in grande” ed apertamente: bambini che sniffano colla dalle bottigliette di plastica o dai sacchetti, giovani che bevono, chiaramente sofferenti ed a disagio.

Come disegnereste la faccia del mondo?” era il titolo di uno spettacolo teatrale sul pregiudizio, con chiari riferimenti alle proprie vicende personali, recitato dalle madri-bambine (adolescenti) di un progetto a Manaus della medesima organizzazione delle iniziative precedenti.

Al villaggio sul Rio delle Amazzoni, Novo Airao, vengono i turisti per vedere i delfini rosa che girano attorno alle imbarcazioni, accettando cibo, ma ci sono anche i quartieri poveri, con i bambini, quasi sempre sorridenti, che non disdegnano una fotografia .

Tutto il denaro che gli davano era per i poveri…ha sofferto per la politica…aveva una testa creativa e nello stesso tempo semplice…si stava bene con lui …” così ci ha parlato di dom Helder Camara, il vescovo della diocesi di Olinda-Recife, la suora che ne è stata la segretaria per vent’anni. Lo chiamavano il “vescovo rosso” per le sue idee sull’analisi della povertà, personalità che era stata ospite, nel 1986, alla nostra Scuola di Pace di Boves, il piccolo uomo, semplicemente vestito con una tunica beige, portatore di idee “rivoluzionarie” per una società ed una chiesa lontane, che facevano e fanno fatica ad attuare i principi del Vaticano II^.

Viveva in una canonica adiacente ad una chiesa in un quartiere popolare, sono conservati i suoi mobili e le semplici suppellettili di una abitazione dignitosa, ma povera ed essenziale.

“Sto giovane perché sono sempre a lottare” così si esprime oggi, in italiano ben comprensibile, questa donna di 88 anni – ce lo siamo fatti ripetere perchè non sembrava vero. Vive per i suoi ragazzi – clown, giocolieri, sui trampoli, funamboli – attività messe in piedi come prevenzione e cura dei tanti problemi di questi giovani. E’ rigorosa, esige che facciamo bene i loro esercizi, che siano responsabili, creativi e solidali gli uni con gli altri. Hanno attrezzi rattoppati, tenuti insieme con lo scoc, che si sono costruiti loro stessi, di cui vanno orgogliosi e che usano con disinvoltura, accompagnandoli con battute ed espressioni di spirito.

A Recife, in quella che è stata la prima sinagoga delle Americhe, Ricordare è esistere, perdere la memoria è sparireè una frase che ben si adatta al popolo ebraico, ma vale anche per tutti i nativi ed i loro discendenti, come ad esempio quelle famiglie di indios (di tre gruppi diversi) collocati “provvisoriamente”, da anni, in un pollaio dismesso, alla periferia di Curitiba, “mangiati dai mosquistos” del vicino corso d’acqua stagnante, accompagnati nel difficoltoso cammino per il riconoscimento dei propri diritti da una volontaria del Centro di formazione Cefuria di Curitiba.

Facciamo tutto bene, diamo il massimo, lavoriamo sempre con passione, sia che si tratti di condurre in cielo una navicella spaziale, sia che si tratti di fare una semplice punta alla matita” questo invece lo abbiamo trovato scritto nel porticato adiacente alla casa dove viveva dom Helder. Ed ancora una sua frase letta nei documenti a disposizione dei visitatori: “Il segreto di essere giovane – anche quando gli anni passano, lasciando segni nel corpo – è avere una causa a cui dedicare la vita”.

Si è trattato di un viaggio impegnativo, per il clima a cui non siamo abituati, per le tante iniziative visitate, per il desiderio di conoscere il più possibile e ricco di incontri affettuosi, “di famiglia”, in posti particolarmente belli dal punto di vista naturalistico, quali l’Ilha do Mel, dove siamo stati affettuosamente e calorosamente accolti e coccolati da Jandira e padre Miguel Ramero, colui che ci ha, si può dire, “introdotti” in questo angolo di mondo che ormai sentiamo particolarmente vicino.

Costanza