“A Westerbork ho letto un tratto del nostro tempo che non mi sembra privo di significato. Ho amato tanto la vita quand’ero seduta a questa scrivania ed ero circondata dai miei scrittori, dai miei poeti e dai miei fiori. E là, tra le baracche popolate da uomini scacciati e perseguitati, ho trovato la conferma di questo amore”. E’ un brano di Hetty Hillesum (giovane ebrea olandese, nata nel 1914 e deceduta ad Auschwitz nel novembre del 1943), pubblicato negli anni ’80 e Westerbork era il campo di transito per gli ebrei olandesi, ma anche per gli zingari e gli oppositori al regime nazista, non distante da Groningen, dove venivano ammassati prima del trasferimento in Germania (dei 102.000 deportati sono tornati in 5.000!).
Il viaggio della memoria 2007, del Centro di Formazione Santos-Milani e della Scuola di Pace di Boves, a cui hanno aderito una trentina di persone, aveva come meta l’Olanda, il suo paesaggio sottratto al mare, i centri storici delle sue città, i grandi musei, ma soprattutto la memoria dei fatti del secolo scorso che hanno segnato così indelebilmente la storia europea.
Non ci sono più baracche a Westerbork, pare un grande parco, dove gli olandesi si spostano in bicicletta, come d’altronde fanno in tutto il paese… ma ci sono chiari richiami ad indicare che è qualcosa di diverso: una torretta, il binario che arriva nel campo, la piazza dell’appello trasformata in memoriale, il grande plastico con l’indicazione delle baracche ed il loro uso. Il camminare in questi luoghi, anche se ne abbiamo già visti, non lascia mai indifferenti o tranquilli!
Aleggia sempre un’atmosfera pesante, che ti stanca, a volte di incredulità o in dissonanza con il paesaggio circostante, sovente particolarmente sereno.
Oltre a Hetty Hillesum, ad Amsterdam, ci siamo arrampicati per le strette scale della casa in cui era rimasta nascosta Anna Frank, con alle pareti ancora alcune delle cartoline che lei adolescente aveva incollato ed, ancora, ci siamo soffermati sulla figura di von Galen, vescovo di Munster (in Germania) dal 1933 al 1943, oppositore coraggioso di Hitler, diventato famoso per tre prediche del 1941 contro il nazionalsocialismo.
Ma la memoria, sovente ce lo ripetiamo, deve anche farci andare avanti, servirci per il futuro, non può rappresentare solo un ricordo sterile, ma diventare monito e slancio nella ricerca e nella costruzione di un mondo più giusto, in pace, a partire dalla riflessione sul passato e nonostante quel passato, a volte.
Per noi questo passaggio, nel viaggio, è avvento a Osnabruk, città in Germania, nella Bassa Sassonia, dove siamo stati ricevuti dal vicesindaco della città ed accompagnati nella visita dalla responsabile della locale Scuola di Pace. Si è trattato di un incontro particolarmente emozionante e toccante: a conclusione della guerra, poco alla volta, la riflessione su quanto era accaduto ha portato, in questa città distrutta per il 92%, a pensieri e scelte analoghe a quelle che sottostanno all’avvio dell’esperienza della nostra Scuola di Pace, a Boves. Senza peraltro tralasciare la memoria del conflitto, come ad esempio l’impegno nella ricerca dei concittadini Ebrei, scampati allo sterminio e nel recupero di un dialogo con loro, ad Osnabruk sono poi arrivati ad interrogarsi sul rapporto nord sud, sull’integrazione sociale degli stranieri nella città, hanno profuso molte energie nella formazione dei giovani, attraverso contatti e progetti con le scuole.
Pienamente consapevoli che sono atti forti e coraggiosi quelli che possono determinare il cambiamento di mentalità e toccare le coscienze, ci è parso particolarmente significativo invitare i rappresentati di quella comunità tedesca a Boves, nei giorni 21, 22 e 23 settembre 2007, in occasione del convegno “SE VUOI LA PACE, EDUCA ALLA PACE”, durante il quale si confronteranno parecchie realtà, italiane e straniere, che, da fatti sanguinosi e dolorosi, hanno voluto far germogliare semi di pace e solidarietà. Anzi abbiamo chiesto ai rappresentati di Osnabruk che fosse uno di loro a tenere la commemorazione ufficiale dei nostri fatti del 19 settembre, la domenica mattina. Mi fa pensare ad un atto di coraggio per chi viene e per chi li invita, ma, nello stesso tempo, ci è sembrata questa la porta da cui dobbiamo passare se ci sta veramente a cuore partire dalla nostra storia per costruirne una nuova, per un altro mondo che è possibile!
Costanza Lerda